30 gennaio 2017

Le Matronae Danzanti di Angera

Museo Civico Archeologico di Villa Mirabello - Varese - LOMBARDIA
L'Ara delle Matronae Celtiche di Angera - Le Dee Danzanti

Finalmente oggi pomeriggio, dopo tanti anni di ricerche e di confronti, spesso consultando fotografie o pessime fotocopie in bianco e nero più fuorvianti che utili allo studio, ho incontrato dal vero le divine Matronae, le antiche Dee Madri celtiche scolpite su un cippo ritrovato nei pressi di Angera, in provincia di Varese.
Il cippo è custodito nel Museo Civico Archeologico all’interno di Villa Mirabello, a Varese, e anche se per me era la cosa più bella e importante di tutte, è comunque circondato da una ricchissima collezione di reperti splendidi, tutti rinvenuti nei territori di Varese e paesi limitrofi.
Il museo contiene quindi ritrovamenti dell’area di Malpensa, della Valganna – importantissima per le ricerche sulla Dea Ganna – del Lago di Monate, Besnate, di Golasecca e, fra gli altri, di uno dei siti archeologici più preziosi e importanti: l’Isolino Virginia, situato nel Lago di Varese.
Proprio fra i reperti dell’Isolino Virginia ho potuto trovare quella che è la testimonianza – l’unica – della spiritualità di coloro che abitavano l’Isolino. Ma prima di parlare di questo, voglio spendere qualche parola sulle sacre Matronae, che sono la prima ragione per cui ho visitato il museo, e per farlo vorrei riportare un brano che ho scritto un paio di anni fa a proposito delle divinità femminili che un tempo vegliavano sulle nostre terre del Nord Italia.
“(…) nei boschi accanto ai fiumi, nelle vallate della Valsesia e della Val d’Ossola, nelle belle campagne, un tempo boscose e dolcissime della Pianura Padana, e verso le vette innevate e incantate delle Alpi e della zona delle Dolomiti, in ogni luogo, qui nel Nord Italia, un tempo vegliavano le Matronae, le Madri. Erano il centro dei culti, erano coloro che offrivano ogni cosa, che spargevano la terra di doni ed elargivano Amore e Armonia.
Danzavano le Madri, con le braccia intrecciate, tutte uguali perché tutte espressioni diverse di una medesima Essenza, la Madre Primigenia.
Specialmente nella Gallia Cisalpina, le Matronae erano rappresentate proprio come fanciulle danzanti fra gli alberi, erano giovani, bellissime, e forse proteggevano e incarnavano un Regno Femminile di Gioia e Bellezza.
(…) Loro, le Madri, sono forse l'immagine più importante e un tempo onorata delle Dee delle nostre terre.”

Spesso associate a Diana, o meglio, a quella Dea misteriosa che qui nel Nord Italia la “interpretatio romana” volle chiamare Diana – probabilmente si trattava di Berchta, Madre benefica e Signora dell’eterna ciclicità della Natura – le Matronae vennero fatte scolpire come offerta da parte di coloro che, avendo chiesto il loro aiuto, e avendolo ricevuto, le ringraziavano in tal modo. La differenza con le Matres transalpine è la loro eterna fanciullezza, la loro danza ciclica e infinita – l’intreccio delle loro braccia rappresenta l’infinito e la ciclicità della natura – e gli elementi boschivi che le circondano.
Vergini danzanti nei boschi, sotto le frondose querce, incarnanti la bellezza imperitura, la gaiezza e l’armonia.
Non ci è dato sapere se fossero solamente Dee, oppure se esistessero sorellanze sacre di sacerdotesse che svolgevano effettivamente tali danze in certi periodi dell’anno. Molto probabilmente le Matronae furono entrambe le cose, e rappresentarono soprattutto il sacro femminino.

***

Ci tengo a fare una precisazione in particolare sulla prima delle fanciulle, che ha subito nel corso del tempo tanti travisamenti da parte di molti studiosi poco attenti, superficiali, o più semplicemente scorretti per motivazioni maschiliste.
Essa è stata definita più e più volte un uomo. Si diceva infatti che “avesse la barba”, e che quindi potesse rappresentare Mercurio. Era “lui”, quindi, a “guidare le fanciulle”.
Ebbene, ne ho le prove perché l’ho vista con i miei occhi, e molto da vicino.
La prima fanciulla NON è un uomo. È una Matrona identica alle altre: stessa acconciatura, stessi capelli, stessa tunica. In certe foto e fotocopie il volto sembra effettivamente “barbuto”, ma questo succede perché il volto della prima fanciulla, a differenza degli altri, è leggermente rovinato. È ruvido perché il marmo, in quel punto, ha perso la superficie liscia, è leggermente “rotto”, per cui crea un effetto che, a chi ha scritto delle Matronae senza essersi preso la briga di andarsele a guardare dal vero, è erroneamente apparso come una barba.
Ma ripeto, e con assoluta certezza, che non è una barba, e che Colei che Guida la Danza è una’altra fanciulla.
L’unica cosa che si può notare è che è leggermente più alta delle sue sorelle. Forse perché era più importante? Forse perché Colei che Guida la Danza rappresentava qualcuno di più “alto” delle altre Vergini? Oppure è stata solo una casualità dello scultore – o della scultrice – del cippo?
In un contesto sacerdotale, Colei che Guida la Danza potrebbe essere considerata – e probabilmente era realmente – la grande Sacerdotessa, colei che guidava la Sorellanza e i suoi rituali sacri. In un contesto divino, potrebbe semplicemente essere la Matrona più anziana, Colei che rappresenta tutte le altre.
Questa è l’unica piccola differenza effettivamente riscontrabile fra la prima Matrona e le altre tre.
Ultimamente ho anche letto che le Matronae celtiche cisalpine erano rappresentate in gruppi di tre, a desumere che la prima di questa ara fosse qualcosa d’altro – il solito uomo o una figura “fuori posto” – ma questo non è affatto corretto. Ad essere quasi sempre tre sono le Matronae/Matres transalpine, rappresentate in modo completamente diverso, come madri prospere accompagnate da cesti di frutta e ogni sorta di simboli di prosperità e abbondanza. In area cisalpina invece le Matronae sono talvolta più di tre, ne abbiamo prova in altri reperti simili a quello di Angera, ovvero in quello di Avigliana (TO), dove sono addirittura cinque, oppure in quello di Pallanza (VB), dove appaiono in numero di tre sul lato più largo del masso, più una quarta e una quinta sulle due parti laterali.
Tutte notizie imprecise, dettate spesso dal voler vedere ciò che si vuole vedere e non ciò che c’è realmente. Purtroppo sono molti gli archeologi e gli studiosi che agiscono in questo modo, spesso – e spesso volutamente – a discapito del sacro femminino, il quale viene negato o più semplicemente mascolinizzato.
Davanti a queste foto, comunque, penso che nessuna/o possa più aver dubbi, e chiunque voglia andare a vedere queste magnifiche Vergini Danzanti può farlo visitando il Museo Civico Archeologico all’interno di Villa Mirabello, a Varese.

Che la danza delle Matronae porti Armonia e Bellezza in questa nostra terra, sempre più devastata dalla follia dell’uomo.

Le Matronae di Angera

Le Matronae di Angera

Le Matronae di Angera

Le Matronae di Angera
La prima Matrona erroneamente scambiata per un uomo per via del volto rovinato

Ricerca, testo e fotografie di Laura Violet Rimola. Nessuna parte di questi appunti di ricerca può essere citata o utilizzata in alcun modo senza il permesso dell'autrice.

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