La Dea Cervo valdostana
Il tempo dell’emersione dal sonno sta arrivando, e anche questa pagina, rimasta dormiente a lungo, si risveglia e si rinnova.
Durante questi mesi le ricerche sono continuate, ho viaggiato con il corpo e con la mente, ho potuto conoscere tanti nuovi argomenti, tante suggestioni e ispiranti frammenti del sacro femminino che fa parte del nostro passato.
In una delle mie gite dedicate alla ricerca sul territorio sono stata ad Aosta, allo splendido Museo Archeologico Regionale, che vi consiglio vivamente di andare a vedere perché è unico nel suo genere.
Non voglio soffermarmi sul suo bellissimo percorso labirintico e su tutti i tesori che custodisce, perché ne ho parlato nel mio Diario di Viaggio – se volete, lo trovate qui – ma su ciò che più di tutto concerne la mia ricerca e l’argomento sul quale si basa questa pagina: la Grande Madre.
Una parte del museo è infatti dedicata ai culti valdostani, in particolare aostani, ovvero alle preziosissime statuette, alle steli votive, e ai simboli cultuali rinvenuti nel territorio di Aosta.
Premettendo che tutte queste divinità sono passate attraverso la interpretatio romana, e che quindi celano sotto la superficie del loro nome romano divinità precedenti, celtiche o pre-celtiche, che per la somiglianza con alcune specifiche attitudini delle dee romane vennero in tal modo rinominate, possiamo affermare che ad Aosta si venerassero la boschiva Diana, Fortuna e Luna, poi le grandi Matronae, l’amorosa Venere, la ieratica Giunone e addirittura Iside, per la presenza di un uccello dal volto femminile incoronato, in tutto simile a quelli mediterranei.
Ma colei su cui voglio soffermarmi di più è la dea che viene chiamata Giunone, ma che dal reperto ad essa attribuito ricorda qualcosa di molto diverso.
Questo oggetto è un’applique di bronzo risalente alla fine del II inizi del III secolo d.C., ritrovata nella zona del teatro romano, e “rappresenta una figura femminile, col capo coperto da un velo, le braccia sollevate nell’atto di impugnare probabili attributi andati smarriti, stante di pieno prospetto su di un cervide gradiente verso sinistra.” (1)
La Dea stante sul Cervo di Aosta - Fotografia dell'autrice |
Si tratta quindi di una dea, chiamata arbitrariamente Giunone, che si erge sulla schiena di un cervo, o meglio, di una cerva.
Purtroppo non possiamo sapere cosa portasse fra le mani, ma la sua figura e la presenza del cervo, che peraltro è molto diffuso nei reperti del museo, ricordano le dee cervo europee, in particolare celtiche, e quella preziosa statuetta conservata al British Museum che rappresenta una divinità femminile con le corna di un cervo sulla testa.
In effetti, la dea legata al cervo più nota qui in Italia è Diana, e Diana è anche il nome con il quale è possibile che sia stata chiamata una divinità precedente, diffusa nel territorio celtico, britannico e soprattutto scozzese, associata a misteriose sorellanze sacre dedite al suo culto: le sacerdotesse devote alla Dea Cervo. (2)
Guardando la statuetta di questa dea aostana in piedi sul cervo, non riesco a non pensare che in realtà sia proprio lei. Non tanto Giunone, quanto Diana e, prima di lei, la misteriosa Dea Cervo pre-romana.
Se fosse lei, si potrebbe pensare che il suo cavalcare il cervo indichi il suo matronato e la sua protezione divina sugli animali, e dunque sui boschi, oltre che sulla verginità sacra, sulle donne e su tutti gli altri simboli legati alla dea silvestre, forse uniti in un certo senso a quelli di Giunone, la regina delle dee e degli dei, la madre ieratica e potente.
E anche se queste sono solo mie personalissime e magari fuorvianti riflessioni, qualcosa mi dice che la verità non sia lontana, e che questa antica Dea Cervo regnasse in Valle d’Aosta, magari giunta dalle terre oltre le alpi grazie ai popoli che si stabilirono e abitarono l’area prima dei Romani, o magari semplicemente già presente, sentita e amata con estrema naturalezza da coloro che sapevano ancora vedere e ascoltare il sacro femminino nella natura libera e spontanea, ovvero nei boschi, nelle sorgenti, negli animali, e lo vedevano apparire in tale forma.
Mi piace pensare che anche in Valle d’Aosta esistessero sacre sorellanze dedite al culto di questa antichissima Dea Cervo, e forse quelle donne danzavano per lei, in fila, le braccia intrecciate. Forse la tipica raffigurazione cisalpina delle Matronae celtiche richiamava queste danze virginali, ovvero le sacerdotesse di Diana boschiva, che si manifestava fra le foglie di quercia e nella corsa selvaggia del cervo.
E che era madre e sorella delle donne, amata e rispettata dagli uomini, signora della vita e della libertà, che cavalcava il cervo sotto la falce lunare.
Cervo in un bosco - Foto reperita in rete |
Nota: 1. Il brano è tratto dalla breve guida su Giunone presente nel Museo Archeologico Regionale, nella stanza dedicata ai culti aostani.
2. Di questi ordini sacerdotali femminili accennano alcuni autori, in particolare gli scozzesi J.G. McKay e Stuart McHardy, nelle loro opere e articoli.
Ricerca, testo e fotografia di Laura Violet Rimola. Nessuna parte di questi appunti di ricerca può essere citata o utilizzata in alcun modo senza il permesso dell'autrice e senza citare la fonte.
Nessun commento:
Posta un commento