L'ipotesi più verosimile è che la Minerva romana fosse in realtà un'interpretazione dell'antica Brighid celtica, in quanto i Romani attribuivano il nome delle loro divinità a quelle che ne rispecchiavano maggiormente le caratteristiche.
Dalla lettura del prezioso libro "Tracce Celtiche", di Marco Fulvio Barozzi - uno dei libri migliori e più affidabili che trattano di questi temi - emerge con ancora più intensità questo accostamento, questa identificazione, che rende le nostre terre pregne dello spirito dell'arcaica Brighid, che regnava in moltissimi luoghi, e che venne ricordata con il nome di Minerva.
Riportiamo di seguito alcuni brani che spiegano i motivi di questa identificazione:
"La romana Minerva era in origine una Dea etrusca, Menrva, che a sua volta era una delle manifestazioni della Grande Dea mediterranea. (...) secondo il De Palma il nome della Dea conterrebbe una radice indoeuropea, "menes", che indica "mente, coraggio", che con il suffisso derivativo - wa, avrebbe dato Menrs-wa, divenuto poi Menerwa (...). Se questa ipotesi fosse fondata, si spiegherebbero gli attributi della Minerva romana arcaica, venerata come protettrice delle attività intellettuali, delle arti e dei mestieri, oltre che come dea dell'ingegno.
Sotto l'influsso greco, Minerva fu abbastanza precocemente assimilata ad Atena (...). la Dea generatrice e sapiente divenne così soprattutto una vergine guerriera, anche se rimasero caratteristiche quali quella di guaritrice, di sovente associata alle fonti curative e termali." (p. 145)
"Minerva compare in alcuni bassorilievi d'epoca gallo-romana (...), come patrona delle arti e dei mestieri, a sottolineare il grande prestigio delle abilità tecniche nella società celtica. Il suo ricordo come patrona delle arti femminili sopravvive nell'ammonimento di Sant'Eligio che, ancora nel VII secolo, criticava le invocazioni a "Minerva" (o più probabilmente ad una sua corrispondente celtica) durante le attività di ricamo e cucitura (...). Nella sua funzione di Dea guaritrice, ella era venerata presso le sorgenti termali, come a Bath (...).
La sua corrispondente irlandese sembra essere Brigit, una delle principali divinità insulari, della quale il Glossario di Cormac, redatto intorno al 900 d. C., sostiene che era esperta di filichecht, vale a dire nella poesia e nel sapere tradizionale, oltre che nella divinazione e nella profezia. (...) aveva due sorelle con lo stesso nome, la prima associata alla guarigione e l'altra al lavoro dei fabbri. Queste caratteristiche sono tutte riconducibili a un carattere "luminoso" della Dea, in quanto correlate al fuoco solare (che scalda le acque termali che guariscono) e al fuoco spirituale (connesso alla sapienza (...) sacra). Brigit è inoltre associata agli Déi dell'abilità artigianale (...).
Considerata nella sua triplice manifestazione, Brigit possiede funzioni tali da rendere effettivamente possibile il suo accostamento alla "Minerva" di Cesare (...)." (pp. 150-151)
Ma non è tutto. Conosciamo Brighid come Dea del fuoco sacro, del fuoco vegliato dalle donne - ricordiamo la sua trasposizione cristiana in Santa Brigida di Kildare, le cui sacerdotesse vegliavano la sacra fiamma - e sappiamo che oltretutto era invocata dalle partorienti per avere un parto facile e perché riempisse i loro seni di latte. Brighid era dunque una Dea molto vicina alle donne e in suo onore veniva vegliato il fuoco.
Ebbene:
"Appare evidente il rapporto [di Brigit] con la "Minerva" dei tempi successivi alla conquista romana, perché il santuario di Minerva in Britannia conteneva, secondo un autore del III secolo, un fuoco perpetuo." (p. 153)
***
Questa sembra dunque essere Colei che in tutta l'Italia abitata dai Celti, e in seguito conquistata dai Romani, prese il nome di Minerva, e con tale nome venne ricordata.
Brighid-Brigit, la "altissima", la "molto elevata", alta come le colline che diedero il nome alle molte città del Nord Italia, come Briga Novarese, Briona, Brescia, o come la zona della Brianza.
Potremmo chiederci se anche qui, proprio vicino a noi, vennero vegliati fuochi sacri dalle donne nei templi naturali offerti dalla natura, oppure nel centro delle loro case, e se esse rivolsero dolci parole alla loro Brighid, coltivando la saggezza, i poteri dell'intelletto illuminato dalla consapevolezza divina, invocando la sua presenza mentre tessevano e cucivano, e la sua guarigione mentre attingevano acqua dalle sorgenti a lei dedicate.
Forse era lei che, specialmente nel periodo della lattazione delle pecore, vegliava anche sul latte delle donne e sui loro parti, e veniva festeggiata prima dello scioglimento delle nevi in quella festa (Imbolc) che è sopravvissuta nella Candelora. E forse era lei che viveva in ogni sorgente, in ogni fuoco, in ogni creazione di poetica, di artigianato, di arte, di musica, di corpo di donna.
A me piace pensarlo...
Ricerca e testo di Laura Violet Rimola. Nessuna parte di questi appunti di ricerca può essere citata o utilizzata in alcun modo senza il permesso dell'autrice.
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